Saudade da donne migranti

Denize Galião, una regista brasiliana con sede in Germania, racconta in “Saudade” come è vivere “fisicamente presente, con la mente altrove”.

di Juliana da Penha/traduzione Daniela Ghio

In lingua Portoghese, “Saudade” significa “un ricordo piacevole di una persona che non ti è vicina, un momento passato o qualcosa di cui sei privato”.

Sebbene ogni esperienza sia unica, tutte le persone che si trasferiscono in altro paese hanno qualcosa in comune: hanno lasciato le persone che amano e gli mancano.

Questi sentimenti sono stati esplorati da Denize Galião in Saudade (2019) vincitore del premio IDFA (The International Documentary Film Festival Amsterdam) per il miglio documentario per studenti.

In questo film Denize ha creato un ambiente intimo, rivelando le sua preoccupazioni di vivere all’estero quando aveva genitori anziani nel suo paese d’origine. La situazione diventa complessa quando i suoi genitori hanno problemi di salute. “Ero con molte emozioni a causa della mia famiglia e ho deciso di provare a fare qualcosa a riguardo”, ha detto.

Denize ha lasciato il Brasile 21 anni fa per unirsi alla sorella maggiore che viveva in Germania. Denize aveva 18 anni. “Mia sorella se n’è andata quando avevo 11 anni. Eravamo davvero affezionate e ho sempre voluto unirmi a lei. Quando veniva a trovarci, ascoltavo sempre le sue storie. Il mio obiettivo era quello di finire la scuola e partire. Pur non sapendo cosa mi stesse aspettando”, ha spiegato.

Il cinema è la sua passione sin da bambina “Quando ero adolescente mia sorella mi ha regalato una macchina fotografica e filmavo giocando com i miei genitori”. Tuttavia, era un sogno nascosto.

Ha spiegato che quando era adolescente, in Brasile era quasi impossibile per una donna povera e nera sognare di diventare una regista. “In Germania l’educazione è gratuita, quindi anche questo mi ha aiutato a continuare a sognare”. Dopo molti anni, nei quali ha cercato di superare le sue paure e insicurezze, questa cineasta con sede a Munique ha prodotto diverse film e ha vinto alcuni premi, “In the shadows of Copacabana” era vincitore del Dk. Fest Munique 2014 come miglior documentario per principianti. “Grazie a Dio tutto è andato bene, ma con molti sacrifici”, ha spiegato.

“Il sistema sociale in Brasile aiuta a massacrare le persone”

Intervista a Denize Galião

Nel film “Saudade” quando parli di come ti sei appassionata al cinema, dici: “In Brasile, impari presto a uccidere i tuoi sogni prima ancora che prendano forma”. Potresti parlarne di più?

Denize Galião: Quando ero una bambina in Brasile, non c’erano esempi di persone in diverse professioni con il mio colore della pele e la mia classe sociale per poter dire “lo farò anche io”. Oggi i bambini hanno più esempi. Ai miei tempi ce n’erano meno. Come sapete, la televisione ha una grande influenza in Brasile e non ci sono riferimenti. Quando pensavo di diventare una regista, non avevo il coraggio di continuare a pensarci. Era impensabile per una donna povera e nera fare film. È stato davvero difficile. Come sopravviverò? Chi mi darà il lavoro? Dove potrò imparare? Chi si fiderà di me? Era un sogno nascosto. Ho pensato che sarebbe stato il mio hobby, il mio gioco, ma non avevo il coraggio di andare avanti.

Ma in Germania, riesci a farlo. Come è stato?

Denize: Riesco a fare molte cose anche se è un ambiente difficile per tutti. Passo dopo passo ho imparato a parlare la lingua. Avevo un ragazzo documentarista e mi ha mostrato la sala di montaggio all’università di Berlino. Non avevo mai visto l’università del cinema prima. Entro li, guardo gli studenti e penso: “È fantastico!” Ogni anno ho esaminato i requisiti per accedere al corso di Cinema in tutte l’università tedesche. In Germania l’educazione è gratuita, quindi anche questo mi ha aiutato a continuare a sognare. Quando l’educazione è libera è possibile sognare. Ai miei tempi, un corso di Cinema in Brasile era qualcosa di impossibile: o vai in un’università privata, che è costosa, o vai in un’università pubblica nella quale è molto difficile accedere. Ho sempre studiato nelle scuole pubbliche e non avevo le possibilità per pagare un corso di preparazione per entrare in un’università pubblica. Non ho mai sognato in Brasile. Ero tranquilla al mio posto.

“Quando pensavo di diventare una regista, non avevo il coraggio di continuare a pensarci. Era impensabile per una donna povera e nera fare film. È stato davvero difficile.”

Come è stato il processo per iniziare l’università del Cinema in Germania?

Denize: In primo luogo, ho dovuto superare la paura. Ogni hanno, ho esaminato i requisiti e ho pensato: “Non ho il coraggio. È troppo per me”. Ci sono voluti 6 anni per sviluppare la fiducia per provare a partecipare la prima volta.

Come è arrivata la fiducia per provare a partecipare?

Denize: C’è un’età massima di 30 anni per poter accedere al corso. Quando avevo 26 anni, ho pensato che se non mi candidavo presto ne avrei avuto 30 e mi sarei pentita di non aver provato a farlo. Non ero ancora sicura, ma avevo paura che in futuro avrei avuto il rimpianto di non aver provato a candidarmi. Ho sempre avuto paura.

Avevi paura di cosa?

Denize: Avevo paura di non poter entrare, di non essere capace. Non ho mai fatto vedere niente a nessuno. Ho iniziato passo dopo passo. Pensavo che, prima di provare ad entrare all’università, avrei avuto bisogno di una professione tecnica perché gli studi sul Cinema sono pesanti, i progetti richiedono molto tempo. Se non hai un lavoro che ti paga relativamente bene, soprattutto a Munique che è una città costosa, non puoi lavorare e studiare allo stesso tempo. È davvero complicato. Ho avuto l’idea di iniziare una formazione tecnica di Editing prima di provare ad accedere all’università. Sapevo che avrei dovuto sostenermi finanziariamente e fare tutto da sola. Sapevo che per cercare di entrare all’università del Cinema avevo bisogno di un’altra professione per mantenermi. I tedeschi hanno il sostegno dei genitori e del governo e io no. Ho dovuto avere un lavoro relativamente buono con un orario non troppo pesante. Mi sono allenata per due anni e mezzo in una TV nel nord della Germania e ho ottenuto una qualifica di Montaggio.

Sei riuscita a trovare un lavoro dopo questa formazione?

Denize: Sì. Ho lavorato lì per 2 anni e poi ho iniziato a pensare di candidarmi seriamente all’Università del Cinema. La mia fiducia ha iniziato ad aumentare. Non era solo una questione di farlo, ma come farlo. Ho provato due volte ad entrare all’università; al primo tentativo, non sono passata. Poi ho aspettato più di 2 anni per avere più esperienza e ho provato e superato.

Il film “Saudade” è il tuo lavoro di conclusione accademica?

Denize: Sì. In effetti, stavo lavorando su altre cose e nel frattempo mia mamma e mio papà si ammalarono. Ci è voluto molto tempo per finire il  lavoro e nel frattempo l’università ha iniziato a incalzarmi  per terminare. Ho iniziato ad avere problemi con la mia famiglia, il sistema universitario è cambiato e mi hanno fatto pressione affinché finissi o mandassi un vecchio progetto. Ho provato a fare entrambe le cose. Ero con molte emozioni a causa della mia famiglia e ho deciso di provare a fare qualcosa al riguardo. Non avevo molte ambizioni, era qualcosa come un diario, qualcosa di personale che volevo fare per finire per l’Università. Mio padre mi ha sempre sostenuto dicendo “Devi fare altri film”, anche quando era molto malato. Mi ha dato molta forza.

Qual è stata la più grande sfida nella produzione di questo film?

Denize: È stato superare il dolore di Saudade. Alla fine, sono riuscita a lavorare meglio perché avevo un editor con me. Ma all’inizio, quando é stato  il momento di mettere la testa sul posto e cercare di decidere la storia, anche se avevo molte idee e molte cose scritte, organizzare il tutto  è  stato davvero difficile. Lavoravo un poco poi mi mettevo sotto il tavolo e iniziavo a piangere.

È possibile vedere molte emozioni coinvolgenti  in questo film.

Denize: Sì. Lavoravo per un’ora e non riuscivo a continuare. Mi mettevo sotto il tavolo e rimanevo lì a piangere. Poi mi fermavo, prendevo un tè e continuavo. È stato così.

Durante il film, hai avuto molte conversazioni interessanti con le tue sorelle su come vivere all’estero. Hai chiesto alle tue sorelle se sarebbero partite nuovamente. Una di loro ha detto di sì e un’ altra ha detto di no. E tu?

Denize: Penso che lo rifarei . Sin da bambina ho sempre voluto partire . Mio padre si è sempre seduto con me per raccontarmi  le cose meravigliose che riusciva a vedere mentre visitava mia sorella. Mi incoraggiava sempre a partire. Non aveva idea delle cose che avrei potuto fare qui in Germania , ma aveva la sensazione che avrei dovuto andarmene dal Brasile. Penso che sia questo che voglio dire, che il Brasile non stimola le persone a combattere per cambiare il Paese e rimanere lì. C’è stato un tempo in cui le persone erano più motivate ed  ora invece sono nuovamente demotivate.

“Penso sia questo che voglio dire, che il Brasile non stimola le persone a combattere per cambiare il Paese e rimanere lì. C’è stato un tempo in cui le persone erano più motivate e ora invece sono nuovamente demotivate.”

Uno dei consigli di tuo padre nel film è “Dimentica Saudade e vai avanti”. Sei riuscita a farlo?

Denize: Penso di si. Anche se dimenticare è difficile. Ci sono momenti in cui arriva un po ‘di disperazione e ascolto la sua voce: “dimentica Saudade e continua”.

Tua mamma ha detto: “Hai Saudade solo quando ami”. Le persone migranti devono lasciare i loro cari e andare avanti. Come è vivere tra due mondi, con il cuore diviso?

Denize: È davvero complicato. Penso che tu debba provare a vivere il qui e ora. Provare a non pensare. Ora mi divertirò, ora mi sento bene e provo a divertirmi e non penso molto al futuro. Mio padre mi ha dato questo consiglio. Quando ero lì in Brasile, ho cercato di godermi il momento con loro. È stato difficile. Non è facile. A volte arriva la disperazione, hai bisogno di un tè per calmarti. Grazie a Dio i miei fratelli e sorelle sono qui  in Germania e questo è un aiuto.

Cosa ti manca di più dal Brasile?

Denize: Mi manca molto la spiaggia, le vacanze con i miei genitori. Era qualcosa di veramente semplice. Avevano una piccola terra in un posto molto remoto. Nel tempo in cui ottennero questa terra c’erano solo dune lì. Tutti gli altri vicini sono andati su spiagge più famose e  noi siamo andati su questa piccola spiaggia senza niente, con poca elettricità. Questo posto  mi manca molto perché all’epoca pensavo che le altre spiagge fossero migliori, e più  “chic” ma ora mi rendo conto che è stato il momento migliore della mia vita. Pensavo che le altre persone fossero sulle spiaggia migliori, ma ora quando ci vado, mi rendo conto che è il contrario, che abbiamo avuto una vita fantastica lì.

“Penso che tu debba provare a vivere il qui e ora.”

In alcuni dei tuoi film, ad esempio “In the shadows of Copacabana”, discuti di questioni brasiliane. Questa è una preoccupazione nelle tue produzioni?

Denize: Nel mio primo film ero in Brasile a lavorare per una  televisione tedesca e dovevo fare qualcosa lì.Ho fatto il film “In the shadows of Copacabana” perché ero davvero interessata a quel momento storico, prima che il Brasile iniziasse con la grande ondata di manifestazioni nel 2013. Ricordo che nessuno parlava di politica e ho trovato questo ragazzo su Internet e sono rimasta affascinata e sentivo che c’era qualcosa nell’aria. Volevo fare un film su di lui. Penso che le scelte siano legate alla mia fase personale  di quel momento.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Denize: Sto facendo ricerche e leggendo molto. Non ho ancora deciso se farò qualcosa. Mi piacerebbe davvero provare a fare “fiction”  un giorno. Ma deve essere qualcosa che viene fuori dal mio cuore. Ho molte idee ma non ho ancora avuto il coraggio di affrontarle . Forse ci vorrà più tempo. Mi ci vuole molto tempo per avere il coraggio di fare qualcosa.

“Mi piacerebbe davvero provare a fare un pò “di fiction” un giorno. Ma deve essere qualcosa che viene fuori dal mio cuore. ”

Perché?

Denize: Penso sia perché in un certo senso sono esigente, voglio fare le cose per bene. E anche perchè ho paura. Paura di qualcosa … Penso che questo sia qualcosa che viene dal passato. C’è sempre quella domanda “Posso farcela?” C’è una piccola cosa in me che devo superare ogni volta che faccio  un film.

Quali sono le maggiori sfide per una donna migrante in Germania?

Denize: La sfida più grande è affrontare gli stereotipi. Lavoro nei media e percepisco che,  quando c’è una donna che parla di migrazione o acquisisce uno “status”,  se non proviene da certi  paesi(quali paesi) dei quali i tedeschi sono interessati,   non ha abbastanza voce. Aspettano  gli storeotipie  e anche i cliché collegati al Brasile, aspettano le stesse cose sul Brasile, è  qualcosa di veramente sottile ma è possibile percepirlo. La questione connessa al razzismo esiste come ovunque, ma credo che in Brasile sia più arrabbiata, le persone sono più aggressive, ti sottovalutano di più. Non sto dicendo dove sia il meglio o il peggio, non è così. Ma il razzismo qui è più ingenuo, è qualcosa di stupido, come “Lascia che ti tocchi i capelli?”. Qui hanno questa stupida curiosità, qualcosa di infantile. Penso che poiché il sistema sociale qui in Germania, è così forte, non c’è modo che il razzismo sia ancora più forte da poterti distruggere tanto quanto succede in Brasile. In Brasile il sistema sociale è debole. La situazione è che qui hai accesso all’istruzione, alla salute e questa è la chiave che cambia tutto.  Le persone vengono trattate tutte allo stesso modo, riducendo così il problema del 70%. Il sistema sociale in Brasile aiuta a massacrare la gente.

“La sfida più grande è affrontare gli stereotipi.”


Guarda il trailer di Saudade qui: https://www.idfa.nl/en/film/de42da48-35aa-45ed-87f2-e61a29cc36d2/saudade

Leave a Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Scroll to Top