Migranti lavoratrici del sesso e vittime di tratta devono essere al centro del nostro attivismo asiatico

Abriel Schieffelers è un’assistente sociale che ha aiutato donne migranti asiatiche sia negli Stati Uniti sia in Europa. Parla dello sfruttamento delle donne asiatiche e dell’importanza di guardare oltre per capire quanto sia complessa la situazione di vulnerabilità delle lavoratrici del sesso e delle vittime di tratta.

di Abriel Schieffelers/traduzione Marta Visentin

Il 16 marzo sei donne sono state assassinate da un uomo bianco in un centro massaggi di Atlanta. In un tempo in cui la gente viene a conoscenza dell’aumento di xenofobia e discriminazione nei confronti della diaspora asiatica, l’accaduto è stato in modo cruciale etichettato nelle notizie come crimine a sfondo razziale. Tuttavia l’analisi iniziale dei media non includeva una comprensione della fondamentale vulnerabilità in gioco: non era solo l’identità asiatica delle vittime, ma la loro identità di lavoratrici del sesso e di vittime di tratta asiatiche.

I fatti che sono trapelati quel giorno derivano da una complessa intersezione di genere, razza e colonialismo. La feticizzazione e l’ipersessualizzazione delle donne asiatiche al giorno d’oggi per esempio ha le sue radici in una lunga storia di sfruttamento delle donne provenienti dall’Asia. Tutto ciò ebbe inizio durante il colonialismo e portò al Page Act del 1875, il provvedimento che vietava alle donne asiatiche di emigrare negli Stati Uniti in base al presupposto che fossero tutte prostitute. In seguito si manifestò la proliferazione di bordelli per le basi militari americane nelle Filippine, in Thailandia e in altri paesi. Il turismo sessuale in Asia è diventato un’industria rilevante.

I fatti che sono trapelati quel giorno derivano da una complessa intersezione di genere, razza e colonialismo.

I media hanno già ampiamente riferito che i centri massaggi erano registrati come attività regolari, ma molti non sanno che erano anche presenti in vari siti internet che contengono liste di attività che offrono servizi sessuali. 

Il lavoro sessuale negli Stati Uniti è illegale ma è comune che venga offerto sottobanco da attività regolari, il che in fin dei conti implica la mancanza di regolamentazione o protezione nei confronti delle lavoratrici sessuali. Sono comuni e traumatiche le irruzioni all’interno di centri massaggi da parte della polizia in assetto antisommossa al fine di stabilire se avvenga attività illecita.

Photo by Mirza Babic on Unsplash

Nel 2015 il dipartimento di polizia di Minneapolis decise di mettere fine alle irruzioni nei centri massaggi perché si è scoperto che agenti sotto copertura avevano avuto rapporti sessuali con lavoratrici dei centri massaggi in diverse occasioni. Nessuno dei tre agenti coinvolti nei casi furono denunciati per essere sottoposti a indagine interna e anzi furono difesi dal sindacato di polizia di Minneapolis, che dichiarò che gli agenti sotto copertura stavano seguendo la politica del dipartimento. Le lavoratrici dei centri massaggi in questi casi furono arrestate. Per donne come loro che hanno interagito con la polizia e portano il marchio di accuse di prostituzione, la mancanza di fiducia nelle autorità e l’incapacità di trovare un’occupazione alternativa conducono alla quasi impossibilità di uscire da situazioni di tratta o lavoro sessuale.

Come assistente sociale che ha fornito assistenza a donne migranti asiatiche sia negli Stati Uniti sia in Europa, ho conosciuto centinaia di donne che sono vittime di tratta per servizi sessuali e che si dedicano al lavoro sessuale secondo diversi gradi di consenso. La loro esperienza di donne asiatiche che lavorano in un settore altamente non regolato e privo di protezione produce un estremo squilibrio di potere e un’insita violenza.

Che si tratti di donne asiatiche che lavorano in centri massaggi normali o in altri che offrono lavoro sessuale, questa occupazione dev’essere riconosciuta come una forma di lavoro fisicamente estenuante, in cui le donne sono sottoposte a avances o abusi violenti da parte dei clienti. In ogni caso un grande numero di centri massaggi fa parte di ampie reti di organizzazioni criminali, dove donne asiatiche vengono addescate dalla Corea e dalla Cina con la promessa di un buon lavoro e in seguito costrette a ripagare i propri debiti con lavoro sessuale gratis o quasi. I loro passaporti vengono sequestrati e loro vengono lasciate in balia dei trafficanti.

Per le lavoratrici sessuali e le vittime di tratta di essere umani che vengono sfruttate nei centri massaggi, la violenza è una realtà all’ordine del giorno. Le telecamere all’ingresso del negozio offrono una parvenza di protezione, visto che le donne possono controllare prima di far entrare i clienti. Tuttavia la maggior parte delle donne con cui ho lavorato hanno subito pestaggi, aggressioni sessuali e rapine da parte dei clienti. Come se non bastasse subiscono il terrore da parte delle forze dell’ordine, i loro limiti vengono violati dai clienti e quasi costantemente subiscono molestie e abusi verbali.

Photo by Svend Nielsen on Unsplash

Se provengono da tratta, spesso vivono in centri massaggi in zone disagiate con scarso accesso al mondo esterno o padronanza della lingua locale. Questa condizione di immigrazione irregolare o precaria porta a ulteriore insicurezza e controllo nei loro confronti da parte di trafficanti e autorità. Vengono avvertite del fatto che se cercano di scappare o testimoniare contro i trafficanti sarà fatto del male alle loro famiglie a casa. I trafficanti ridistribuiscono le donne nei vari centri massaggi, rendendo difficile per loro stabilire reti di sostegno o essere trovate dalle autorità.

Questa fotografia cupa non intende ridurre la vitalità e complessità delle esperienze delle donne migranti asiatiche che lavorano nei centri massaggi. Molte hanno una famiglia per la quale lavorano instancabilmente. Hanno speranze e sogni e nomi che non devono essere dimenticati. Formano una comunità affiatata con le donne con cui lavorano, condividendo cibo, trucchi e storie. Agiscono nonostante le forze che cercano di disumanizzarle. Ascoltate le loro storie e amplificate le loro voci.

 È un’espressione di dolore e solidarietà di cui c’era molto bisogno, nell’interesse della diaspora asiatica, ma tutta questa sofferenza richiede anche una riflessione profonda riguardo ai livelli intersezionali in gioco.

Alla luce dell’orribile omicidio di queste sei donne, la comunità asiatica si è radunata sui social media, chiedendo alla società di riconoscere l’oppressione che americani di origine asiatica devono affrontare e di opporsi alla supremazia bianca che ha incoraggiato certe azioni. È un’espressione di dolore e solidarietà di cui c’era molto bisogno, nell’interesse della diaspora asiatica, ma tutta questa sofferenza richiede anche una riflessione profonda riguardo ai livelli intersezionali in gioco.

Per essere davvero solidali con le sei donne che hanno tragicamente perso la loro vita, dobbiamo riconoscere le disparità di privilegio all’interno della diaspora asiatica. Molti americani di origine asiatica altamente istruiti ignorano la realtà delle lavoratrici del sesso e delle vittime di tratta. Per molti di loro, che sono stati cresciuti con una visione dell’America come una terra di infinite opportunità se solo lavori abbastanza sodo, è difficile conciliare l’immagine idealizzata dell’America con quella che ospita lo sfruttamento nei centri commerciali di periferia. Non basta quindi denunciare solo il razzismo insito nelle strutture di potere e nelle istituzioni delle nostre comunità: dobbiamo anche combattere i capisaldi capitalisti, coloniali, misogini e razzisti profondamente radicati che rendono i corpi delle donne asiatiche merci esotiche da compravendere – e in molti paesi, da criminalizzare per questo motivo.

Photo by Rolande PG on Unsplash

È fondamentale che l’attivismo della diaspora asiatica e dei suoi sostenitori in corso abbia al centro l’oppressione delle donne migranti asiatiche, lavoratrici del sesso e vittime di tratta, schierandosi contro discorsi che parlano di tutti gli asiatici come se si parlasse di un monolito. Anziché dividere, la nostra comune esperienza da asiatici dovrebbe condurci verso un’empatia e un’azione profonda in nome di quelli che sono stati maggiormente danneggiati. Identificare un singolo filo, anziché l’intera corda del cappio attorno ai nostri colli collettivi, non ci libererà. L’attivista per i diritti civili Fannie Lou Hamer lo spiega così: “Nessuno è libero finché non sono liberi tutti.”

Dobbiamo dare la priorità a un’azione reale e a un vero cambiamento per le donne asiatice lavoratrice del sesso migranti e le vittime della tratta. Fino ad allora, nessuno di noi sarà libero.

Oggi, domani e dopodomani, le donne asiatiche lavorano in condizioni pericolose, sopportando danni fisici e abusi nei dimessi centri massaggi dei nostri quartieri. Verranno etichettate come esotiche, iperfemminili e remissive nelle pubblicità. Continueranno a sopportare abusi degradanti da parte di uomini spinti a vederle come subumane. Cosa possiamo fare?

Il nostro attivismo può e deve iniziare dalla conoscenza di base dell’allontanamento e della brutalizzazione degli americani di origine asiatica e della diaspora, ma deve arrivare a un maggiore riconoscimento di coloro che sono più a rischio secondo la letale intersezione di razzismo e misoginia. Dobbiamo lasciare che siano le donne lavoratrice del sesso e vitime della tratta ad aprire la strada e dare priorità ad azioni effettive e a un cambiamento reale per tutte loro. Fino ad allora, nessuno di noi sarà libero.

Per ulteriori informazioni, risorse e se intendete fare una donazione, visitate:

http://www.asianpacificpolicyandplanningcouncil.org/staff/api-human-trafficking-task-force/

https://gohny.org/

https://www.redcanarysong.net/

https://www.redcanarysong.net/

https://www.traffickingmatters.com/illicit-massage-businesses-the-pervasive-insidious-form-of-trafficking-happening-across-the-united-states/

Fonti:

https://www.startribune.com/minneapolis-police-discontinue-prostitution-stings-at-massage-parlors/322463341/

https://www.history.com/news/chinese-immigration-page-act-women

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