La donna brasiliana che ha fondato a Berlino il Deutsches Migrationsmuseum, il Museo Tedesco delle Migrazioni

Suely Torres è una donna brasiliana che, nel mezzo della pandemia, ha fondato a Berlino il Museo Tedesco delle Migrazioni. Da quando lasciò il Brasile per andare a vivere nella capitale tedesca, meno di un anno prima della caduta del muro, Suely fa parte della storia della città.

di Terezinha Malaquias/traduzione Marta Visentin

La storia di una donna da Pernambuco a Berlino 

Incontrai Suely Torres nel 2014 quando ero a Berlino per frequentare una serie di workshop letterari dello scrittore Luiz Ruffato, organizzati da lei, all’ambasciata brasiliana.

Arrivò a Berlino nel dicembre 1988, nel bel mezzo dell’inverno e con un sacco di neve. Era nata e aveva vissuto a Recife fino a prima di iniziare i suoi studi all’Università Federale di Pernambuco. 

Fu studentessa del maestro, scrittore e drammaturgo Ariano Suassuna, che la influenzò fortemente e diede forma in grande misura alla donna che è oggi.

Suassuna era una figura affascinante, che ci ha lasciato opere letterarie ad ampio raggio e che sono state adattate per il cinema e la televisione. Tutt’oggi è possibile trovarne i video in rete.

A quasi sette anni dalla sua morte, è ricordato per essere stato uno degli uomini più brillanti che abbiamo mai avuto in Brasile. Era un docente che faceva un sacco di domande, e a partire dalle domande, iniziavano le sue lezioni.

Se per esempio uno studente arrivava indossando una maglia con scritto “I love you New York”, chiedeva: Perché non indossi una maglia che dica “I love the Sertão?” (alludendo alla regione del Brasile). Dalle sue domande, che erano spesso provocazioni, faceva pensare in modo critico gli studenti senza perdere il suo caratteristico fascino poetico.

Suely lavorò alla Berlinale, alla Haus der Kulturen der Welt (HKW), la “casa delle culture del mondo”, e tramite questo impiego ebbe l’opportunità di lavorare con molti artisti brasiliani.

Suely Torres in 1990

Suely studiò Letteratura nella sua città e chiese un trasferimento all’Università Federale di Rio de Janeiro, URFJ. Nella nuova università, conobbe lo scrittore Paulo Lins, che studiava lì. Viveva in un alloggio per studenti e lavorava come revisore per la casa editrice dell’università. 

Negli anni 80 il movimento “Diretas Já” (che chiedeva elezioni presidenziali dirette in Brasile) stava crescendo in tutto il paese. Suely Torres, che voleva studiare all’estero, iniziò a inviare curriculum ad alcune università e fu accettata dall’Università Libera di Berlino (FU). Famiglia e amici diedero per lei una grande festa. E per ottenere un aiuto per le spese di viaggio verso il nuovo paese, mise in palio il suo Walkman, un vero successo tra i giovani alla fine degli anni 80.

Si trasferì a Berlino più di trent’anni fa, prima della caduta del muro che aveva diviso il paese in Germania dell’Est e dell’Ovest per 28 anni.   

Per pagarsi il corso di tedesco, cominciò a inscenare un teatro dei burattini nei vagoni della metropolitana. Guadagnava piuttosto bene, lavorando una media di quattro ore al giorno. Nella nuova città, studiò anche fisioterapia e si laureò come fisioterapista. Tuttavia non iniziò mai a lavorare nel campo.

Suely lavorò alla Berlinale, alla Haus der Kulturen der Welt (HKW), la “casa delle culture del mondo”, e tramite questo impiego ebbe l’opportunità di lavorare con molti artisti brasiliani. Tra di loro c’erano alcuni dei suoi idoli, come Caetano Veloso, Gilberto Gil, Jorge Ben Jor, l’attrice Fernanda Montenegro, Olodum, Daniela Mercury, registi come Karim Ainouz e molti altri. Molti scrittori che partecipavano alla fiera del libro di Francoforte andavano poi a Berlino su invito di Suely, per lanciare anche là i loro libri, per una lettura o una presentazione. Questi eventi venivano organizzati da lei in veste di agente culturale o curatrice indipendente.

Suely Torres che fa musica nella metropolitana, a Berlino

Il Giorno che Cadde il Muro di Berlino

Undici mesi dopo il suo arrivo a Berlino era a casa che guardava le notizie in televisione e ci fu un urlo enorme. Velocemente Suely prese la bicicletta, che era in cortile, e ci sfrecciò sopra. Quando arrivò al muro, vicino alla Porta di Brandeburgo, la gente ci si arrampicava aiutandosi a vicenda.

Ci furono tante altre grida, abbracci, lacrime. Suely abbracciò diverse persone. L’emozione danzava nei corpi e negli occhi di tutte quelle persone, che non riuscivano a credere ai loro occhi, a cosa stava succedendo. “La sensazione fu incredibile perché non era la mia gente, ma era qualcosa di radioso ed eccitante. Era come se avessi aperto la porta della prigione e tutti i prigionieri erano liberi. Non avevo mai visto niente di simile.”

Fin dal giorno seguente e per lungo tempo, era quasi impossibile andare al supermercato o salire sulla metro perché le porte non si chiudevano. La gente si ammassava nelle macchine. Molti non riuscivano a credere che fosse vero. 

I supermercati avevano file lunghissimi. La spesa non poteva superare il kilo di cibo a persona. Molta gente portava l’intera famiglia con sé quando doveva comprare qualcosa. All’improvviso la popolazione era raddoppiata. Molti abitanti della ex-Berlino Est abbandonarono le loro case per trasferirsi a Ovest. Potevi dire da che parte una persona veniva dal modello della macchina, dal taglio di capelli e dai vestiti che indossava.

“La sensazione fu incredibile perché non era la mia gente, ma era qualcosa di radioso ed eccitante. Era come se avessi aperto la porta della prigione e tutti i prigionieri erano liberi. Non avevo mai visto niente di simile.”

Suely Torres in 1989, picture by Juditth Salcedo

Sembravano turisti che cercavano di riconoscere un posto nuovo. Fu un’esperienza eccezionale e la cosa che mi ha colpito di più a Berlino,” disse Suely. 

Nel 2009, quando si celebrò il ventesimo anniversario della caduta del muro, Suely ebbe l’opportunità di scrivere due articoli per dei canali televisivi in Brasile. Intervistò anche delle persone che avevano trascorso la notte insieme, festeggiando la caduta del Muro di Berlino il 9 di novembre 1989.

Nasce una fotografa

La sua esperienza e l’interesse per la fotografia iniziarono nel 1992, quando era una studentessa dell’Università Libera di Berlino (FU) e ottenne un impiego che consisteva in fotografare edifici abbandonati nella parte est e documentare la storia della città per la creazione di un archivio. Aveva allora una fotocamera Polaroid e un quaderno. Oltre a una bicicletta: questo era tutto quello di cui aveva bisogno per l’incarico.

Fotografava e prendeva appunti nel quaderno. Il lavoro le permise di conoscere meglio Berlino e di sviluppare un rapporto con la fotografia che continua tuttora. Suely continua a fotografare la città. La differenza è che ora le foto sono per lei e per noi, amanti della fotografia e della città di Berlino. Quello che ci attira di più delle fotografie è lo sguardo unico e pieno d’amore di questa straordinaria fotografa, che traduce sensazioni e racconta storie attraverso i suoi scatti speciali e unici. Berlino e Suely si mischiano e confondono.

Suely è un’artista fantastica ed elegante. È sempre ben vestita, allo stesso tempo classica e informale. La sua casa, come anche lei stessa, respira, trasuda e ispira arte.

Suely Torres picture by Udo Rzadkowski

Suely è un’artista fantastica ed elegante. È sempre ben vestita, allo stesso tempo classica e informale. La sua casa, come anche lei stessa, respira, trasuda e ispira arte.

Oltre che fotografa, è insegnante di portoghese, manager culturale, curatrice indipendente all’Università delle belle arti di Berlino UDK. Ha curato le sue mostre e quelle di altri artisti a Berlino. È inoltre all’ultimo semestre di un corso di antropologia sociale e culturale.

Nasce il Museo Tedesco delle Migrazioni

Suely Torres ha fondato e aperto il Museo Tedesco delle Migrazioni a dicembre 2020, come luogo per noi migranti, per raccontare le nostre storie. Attraverso lo storytelling di persone provenienti da diversi paesi nel mondo, conosciamo un po’ della diversità di Berlino. Non è meraviglioso? Ci serve e ci meritiamo un museo tutto nostro.

Non c’è niente di più attuale di questo museo nato durante la pandemia. Siamo a casa e il museo è virtuale. È accessibile ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette.

Per dieci anni ha sognato l’apertura del Deutsches Migrationsmuseum (DMM) e ci ha lavorato. Ha fondato un’associazione senza scopo di lucro, ne ha registrato il nome, ha studiato e svolto varie ricerche su musei simili in diversi paesi, compreso São Paulo in Brasile, soggiornando al “Museu da Pessoa”, per imparare come funziona un museo virtuale. Ha frequentato anche un corso per diventare curatrice a Berlino. Lo scopo del museo è di intervistare migranti da tutto il mondo.

Il museo mira tra le altre cose a fornire uno spazio e un’opportunità alle persone per presentarsi e raccontare la propria storia attraverso brevi video. Serve a generare una riflessione sui temi delle migrazioni e dei migranti, ma con una prospettiva personale: quella di una donna migrante che vive in Germania da più di metà della sua vita. “Alcune domande cruciali: 1) Chi sono i migranti, e dove sono? 2) Cos’è essere migrante? 3) Com’è un migrante? 4) Cosa definisce un migrante? 5) Che cosa normalizza e relativizza la nostra situazione di migranti?” chiede Suely.

Il Museo Tedesco delle Migrazioni è un’istituzione senza scopo di lucro registrata e riconosciuta dal governo tedesco. È la nostra casa, in un certo senso. È uno spazio per un discorso di tipo diverso. Ha la nostra voce, il nostro aspetto, le nostre sensazioni ed esperienze.

“Dopo tutto, un tedesco è anche un migrante,” conclude. Include questa visione nelle sue interviste con tedeschi, svizzeri, austriaci, nordamericani, “perché chiunque non abbia passaporto tedesco e viva in Germania è un migrante”. “Quando la gente mi chiede da dove vengo, rispondo, sono tedesca! Da dove vengo non è la domanda giusta. È dove vado,” spiega Suely.

Il Museo Tedesco delle Migrazioni è un’istituzione senza scopo di lucro registrata e riconosciuta dal governo tedesco. È la nostra casa, in un certo senso. È uno spazio per un discorso di tipo diverso. Ha la nostra voce, il nostro aspetto, le nostre sensazioni ed esperienze. È uno spazio creato da una donna brasiliana di Recife e sostenuto da altre due donne brasiliane, Mariana Florio e Fernanda Sumita.

Donne in movimento portano con sé conoscenza, esperienza e rivoluzione in quella stessa valigia che le ha accompagnate dall’altra parte dell’oceano.

www.suelytorres.com

www.deutschesmigrationsmuseum.de

www.brasilianisch-lernen.de

 
Terezinha Malaquias è un’artista visiva, una scrittrice e una performer. Autrice di sei libri, tra cui Teodoro (2019), in portoghese e inglese, Menina Coco (2018), in portoghese e tedesco, Modelo Vivo (2005), in portoghese. Nel 2017 è stata performer e produttrice esecutiva del cortometraggio ‘Na Pose,’ sulla sua traiettoria da modella vivente. Ha un canale YouTube con il suo nome (Tere Malaquias), per le sue performance e poesie. I suoi scritti sono presenti in antologie in Germania, Brasile, Europa e negli Stati Uniti. Ha creato sul suo profilo Instagram, @terezinhamalaquias, la diretta “Breakfast/Frühstück”, “in onda” tutte le domeniche. È la creatrice della serie di autoritratti su Instagram @terezinhamalaquias ”Look at me… Schau mich an… ,” (Guardami) che è iniziata nel 2017, concentrandosi sui temi della Visibilità e della Resistenza, come anche sul corpo come supporto artistico. Ha creato sul suo canale YouTube la serie ”Brasileirxs Estrangeirxs como Eu!”
www.terezinhamalaquias.com

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